Perché vivo la vergogna come l’essenza profonda del mio disturbo bipolare

di Katie Louise 

Raramente parliamo del senso di vergogna tra di noi bipolari, ma ho scoperto che è un’esperienza comune che condivido con tante altre persone che hanno questo disturbo. 

Per me la vergogna è l’essenza profonda della mia esperienza da bipolare. 

Le psicosi, le manie e le paranoie possono alterare i nostri pensieri e i nostri comportamenti mettendoci in bocca parole che sono socialmente inaccettabili. (Anche se ho imparato che la società ha confini estremamente labili tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è). E comunque sono parole e comportamenti che in fin dei conti non sono da noi e non rappresentano chi siamo veramente. 

Ho girato nuda in pubblico, sono stata arrestata per aver avuto una crisi di nervi nel bel mezzo di una strada trafficata. La paranoia ha distrutto le amicizie che avevo perché credevo che stessero complottando qualcosa alle mie spalle. Ho creduto, e detto a altre persone, di avere poteri magici. Mi sono persa, a sessanta chilometri da casa, senza avere una macchina e senza sapere come tornare indietro. 

Queste sono le cose più estreme che mi succedono quando ho una crisi grave, ma anche quando sono tutto sommato stabile, le minime oscillazioni dell’umore causano comportamenti che normalmente non sono da me. Mi circondo di persone che solitamente non frequenterei, ho rapporti sessuali con persone per le quali normalmente non proverei attrazione. Ho detto al mio capo di andare a farsi fottere e ho lasciato il lavoro di punto in bianco.  Mi vengono in mente cose ( e le dico anche ad alta voce) che non hanno assolutamente senso.  

Anche se il mio io ipomaniacale mi fa sentire bene, e anche quando il mio io ipomaniacale è preferibile al mio io normale, provo comunque vergogna. E’ come se qualcun altro si impossessasse del mio corpo, e mi costringesse a fare e dire cose che normalmente non farei e non direi mai.  

Il modo in cui mi comporto quando ho una crisi non rispecchia la persona che sono quando mi sento bene. Ho la sensazione che molte delle persone che fanno parte della mia vita non mi conoscano veramente perché non mi hanno mai incontrata quando ero stabile. Quando mi riprendo da una crisi, non solo ho bisogno di attraversare il tumulto emotivo della guarigione da un grave attacco di malattia mentale, ma ho anche la necessità di raccogliere i pezzi delle cose che ho fatto e detto che non sono piaciute alle persone vicino a me. O semplicemente mi nascondo sotto le coperte e rabbrividisco per come mi sono comportata. Sono estremamente introversa e timida in una giornata “normale”, quindi anche un piccolo scherzo che ho fatto a una festa può rappresentare una vera e propria umiliazione. Anche se tutti ne ridevano!

Cerco di limitare il danno che posso provocare quando non sto bene educando le persone che mi circondano sulla psicosi, sulla paranoia e sull’ipomania. Cerco di far capire loro che per me la malattia mentale non si presenta sempre sotto forma di tristezza e ansia. Le fasi estreme della malattia mentale sono ancora nascoste e poco dibattute. Anche se spesso proviamo a educare e spiegare alle persone quello che ci succede quando abbiamo episodi gravi, molte di loro non ascoltano veramente e evitano di approfondire per conto proprio.  

Sono una grandissima amante delle scuse. Mi scuso sempre in maniera sentita quando penso di aver ferito o offeso qualcuno a cui voglio bene. Ma non tutti sono disposti ad accettare le scuse, e qualche volta, anche se chiedo umilmente perdono, il mio gesto non serve a ricucire la relazione. E’ una dura realtà che semplicemente devo accettare. Sono anche consapevole che spesso non riesco a capire quando qualcuno è infastidito dal mio comportamento, e quello che succede è che le persone si allontanano silenziosamente da me.

Mi sforzo all’inverosimile per evitare di avere brusche oscillazioni dell’umore. Non voglio che quelle poche persone selezionate che fanno parte della mia vita mi vengano a trovare in ospedale perché ho finito per farmi del male intenzionalmente o accidentalmente. Non voglio che mi vedano spendere tutti i miei soldi perchè sto attraversando una fase ipomaniacale. Non voglio che mi vedano portare via dalla polizia perché ho comportamenti distruttivi in pubblico. Quindi mi comporto come la regina della routine, mi informo sul disturbo bipolare il più possibile, faccio la brava e prendo i miei farmaci.  

È così che mi assumo la responsabilità del mio comportamento. Metto in guardia, chiedo scusa e prevengo. Ma sono pienamente consapevole che non posso sperare di non avere mai più episodi gravi. Se potessi, sarei milionaria perché avrei trovato una cura per il disturbo bipolare. E so che mentre sto vivendo una crisi, c’è la possibilità che abbia comportamenti che non sono da me. E allora chiedo alle persone che non hanno il disturbo bipolare: “Puoi darmi tregua? Capisci che provo tanta vergogna? Puoi capire che a volte mi sento come se stessi guardando me stessa recitare? E a volte non riesco proprio a ricordare cosa ho fatto o detto. Se ho agito o parlato in un modo che non aveva senso per te, sappi che probabilmente non ha senso neanche per me.”

Penso che sarebbe bello se anche noi stessi riuscissimo a darci tregua. Ogni volta che qualcuno di nuovo si confida con me sulla sua diagnosi, spesso mi parla di cose che ha fatto prima di ricevere una terapia adeguata e di cui non va fiero. È per questo che volevo condividere questo articolo e raccontare la forte vergogna che anche io ho provato in diverse occasioni. Il dolore può unire e legare. Far luce sui modi in cui abbiamo agito, in particolare durante una crisi, può aiutare a ridurre la vergogna.

Possiamo essere più gentili con noi stessi. Forse hai avuto un crollo di fronte ad alcune persone che avresti preferito non ti vedessero così. Forse sei stato deriso dai passanti, dalle persone che ami o dai servizi di emergenza mentre eri in crisi. Anch’io. Se condividiamo le nostre esperienze imbarazzanti, vergognose e spaventose, possiamo riprendere il controllo dei nostri momenti fuori controllo. Guarire dalla vergogna inflittaci da altre persone o da noi stessi è parte integrante del recupero da una crisi. Dobbiamo essere gentili con noi stessi perché è stata la società ad attribuirci storicamente la vergogna. Chiamandoci “pazzi” e “psicopatici”. Questo fa parte della nostra storia e è parte del motivo per cui ci vergogniamo di non adattarci perfettamente alla società, perché le altre persone provano orrore quando non agiamo come ci si aspetta.

Sii buono con te stesso, sii gentile con te stesso. Anche io ci sono passata. Stiamo affrontando questo difficile viaggio insieme. Non sei solo. Non sei imbarazzante. Non ti devi vergognare.

Articolo di riferimento in inglese

3 commenti

  1. Grazie Giulia, sono Rino Caretti, bipolare da una vita, in questo momento mi trovo in quei di Houston, sto facendo il baby sitter a mia nipoteEmber Scarlet di 7 settimane, Così mia figlia Viola, ha la possibilità di portare avanti le sue ricerche nei laboratori dell università e allattare la figlia.

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