La verità sul legame tra creatività e mania bipolare

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Scritto da Donna Jackel

Una recente ricerca sta fornendo approfondimenti riguardo i legami tra disturbo bipolare e creatività. E non si parla solo di abilità artistiche, ma anche di pensiero innovativo e imprenditorialità.

L’autrice Virginia Woolf notava un legame inestricabile tra la sua abilità artistica e i suoi estremi umorali. In una lettera a un amico nel 1930 scrive della sua “pazzia” che “nella sua lava, continuo ancora a trovare la maggior parte delle cose di cui scrivo”.

Le fervide visioni di notti stellate di Vincent Van Gogh, l’intensa vulnerabilità di una performance di Judy Garland, l’originalità della poesia confessionale di Robert Lowell, esiste una lunga lista di anime immensamente talentuose ma turbate che sono state diagnosticate con un disturbo dell’umore durante la loro vita o a posteriori.

Dai tempi di Aristotele, i grandi pensatori si sono interrogati sulla connessione tra i disturbi mentali e le grandi opere d’arte o intuizioni innovative. Nonostante ciò, i ricercatori combattono ancora con il perché, e anche il se, le persone con il disturbo bipolare e altri disturbi mentali tendono ad essere più creativi della media.

“Nella mia mente, a questo punto, c’è un’indiscutibile associazione tra disturbo bipolare e creatività” afferma il dottor Simon Kyaga.

Kyaga, che lavora al Karolinska Institutet a Stoccolma, ha pubblicato delle ricerche in larga scala riguardo un possibile legame tra l’avere una diagnosi psichiatrica e portare avanti professioni creative.

In uno studio importante per grandezza e obiettivo, Kyaga e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 300.000 pazienti ospedalizzati con disturbo bipolare, schizofrenia e depressione unipolare tra il 1973 e il 2003. Hanno scoperto che le persone con disturbo bipolare, e parenti non diagnosticati di persone con disturbo bipolare o schizofrenia, sono significativamente sovrarappresentate nelle arti e nelle scienze.

Un’altra analisi ancora più imponente, pubblicata nel 2018, studia la questione dal punto di vista opposto. La conclusione: le persone che hanno studiato una delle arti creative alle superiori o all’università hanno più probabilità di sviluppare il disturbo bipolare o altri seri disturbi mentali.

“La maggior parte delle persone con disturbo bipolare non è più creativa della persona media” Fa notare Kyaga. “Ma come gruppo, tendono a essere più creativi”.

Il pioniere accademico sostenitore del legame tra disturbo bipolare e abilità artistica è la dottoressa in psicologia Kay Redfield Jamison, co-direttrice del Mood Disorders Center alla Johns Hopkins University. La Jamison, che ha un disturbo bipolare di tipo 1, ha cominciato a fare ricerca su questo argomento negli anni ’80, notando una correlazione tra l’ipomania e i periodi di creatività intensa che gli artisti descrivono. Entrambi possono essere “caratterizzati da un aumento di entusiasmo, energia, autostima, velocità nelle associazioni mentali, fluidità di pensiero, umore elevato e un forte senso di benessere,” scrive la Jamison.

Andrew M., 30 anni, un rapper di San Diego che si fa chiamare Quiet Comedian, si sente più produttivo e creativo quando è in ipomania.

“Quando sono su tutto scorre, tutto viene naturalmente. Questo è il momento in cui la mia musica mi riesce meglio, dice.

Andrew, che ha una diagnosi di disturbo bipolare di tipo 2, afferma che è capace di creare i suoi brani anche quando è depresso o stabile, ma non allo stesso ritmo. Il suo rap sul fatto di convivere col disturbo, ansia sociale e altre condizioni mentali gli ha fatto ottenere migliaia di visualizzazioni negli ultimi mesi da quando ha iniziato a postare su YouTube.

Il rapper ha accolto con favore le conoscenze che ha fatto attraverso la sua arte, così come la conseguente opportunità di aiutare gli altri.

“Mi piace rispondere a ogni commento, anche se dico semplicemente “grazie” o se rispondo a una domanda. Se quello che leggo sembra molto serio, dico “Devi andare dal medico o chiamare il telefono amico”

Il lavoro porta anche le sue ricompense: “Se ti senti giù, hai qualcosa a cui aggrapparti. Quando fai qualcosa che ami, ti può fare sentire meglio per molto tempo.”

Un dono sfuggente

La Jamison ha presentato la sua teoria sul legame tra disturbo bipolare e creatività al grande pubblico nel suo libro premiato Toccato dal Fuoco: la Malattia Maniaco Depressiva e il Temperamento Artistico (Touched by Fire: Manic-Depressive Illness and the Artistic Temperament). È ritornata sul tema nel suo ultimo libro, Incendiando il Fiume: uno Studio sul Genio, la Mania, e il Personaggio (Setting the River on Fire: A Study of Genius, Mania, and Character), un’analisi approfondita del vincitore del premio Pulitzer Robert Lowell.

Durante una conferenza al Swarthmore College, dopo che Touched by Fire era stato pubblicato, la Jamison ha discusso alcune domande che i ricercatori continuano a porsi. Il fervore creativo e l’ipomania sono semplicemente stati che si accompagnano, o in qualche modo l’uno causa l’altro? Perché le persone con i disturbi dell’umore sono sovrarappresentate nelle professioni creative?

Le ricerche riguardanti le “persone altamente creative” sono risultate complicate nel determinare come si misura la creatività, o perfino come definirla. Una famosa definizione della creatività è stata coniata da Robert E. Franken nel suo libro del 1994 La Motivazione Umana (Human Motivation): “La tendenza a generare o riconoscere idee, alternative, o possibilità che possono essere utili a risolvere problemi, comunicare con gli altri, e intrattenere noi stessi e gli altri.” I ricercatori del ventunesimo secolo hanno ridotto la definizione a: “che riguarda la produzione di prodotti innovativi e utili”

Nancy C. Andreasen, una ricercatrice e professoressa di psichiatria all’Università dell’Iowa, afferma: “Le persone creative sono più brave a riconoscere le relazioni, fare associazioni e connessioni, e vedere cose…che gli altri non vedono.”

La creatività, ovviamente, non è limitata alle arti. In un breve studio del 2012, Andreasen ha scoperto che scienziati e artisti mostravano un pattern di attivazione cerebrale sorprendentemente simile in un compito di associazione di parole durante una risonanza magnetica funzionale, una tecnica non invasiva per misurare e mappare l’attività cerebrale.

Sheri L. Johnson, professoressa di psicologia all’Università della California a Berkeley, ha indagato la relazione tra abilità creativa e disturbo bipolare osservando degli imprenditori.

La Johnson ha recentemente concluso uno studio su 1.000 uomini d’affari scoprendo che quelli con lievi sintomi ipomaniacali avevano più probabilità di diventare imprenditori di successo. “E tra gli imprenditori”, afferma la Johnson, “le tendenze ipomaniacali erano relazionate a maggiori livelli di successo”, come per esempio la crescita di una azienda in un periodo di tre anni.  

In uno studio del 2015 su 221 laureandi, la Johnson ha identificato una correlazione tra una maggiore ambizione, un più alto rischio di mania e la creatività.

Un anno dopo la Johnson ha ricercato una migliore comprensione di come gli artisti concepiscano la connessione tra la loro malattia e il loro dono creativo. Ventidue persone che si sono autodefinite altamente creative e che soffrivano di disturbo bipolare hanno partecipato a gruppi di discussione. È emerso quanto segue:

  • La mania può essere associata all’intensità creativa e a alti livelli di energia e allo stesso tempo può essere anche un ostacolo alla produttività creativa;
  • Più della metà dei partecipanti ha descritto insoliti stati di pensiero creativo che considerano un vantaggio per il loro lavoro creativo;
  • Più della metà considera la creatività come parte centrale della propria identità.

La Johnson nota che stabilire una solida connessione tra disturbo bipolare e una maggiore creatività possa aiutare a combattere lo stigma, dimostrando le caratteristiche positive associate a questa condizione.

“Penso che il legame ci sia e siamo all’inizio della fase di comprensione del meccanismo”, dice.

La preoccupazione è, aggiunge la Johnson, che qualcuno “smette di prendere le sue medicine per ‘proteggere’ la propria creatività”. “Ogni volta che vivono un episodio maniacale, potrebbero perdere alcune delle risorse che servono a proteggere la loro traiettoria creativa: meno soldi, meno supporto dagli amici, meno stima in sé stessi.”

Come prova del fatto che l’ipomania è necessaria per la creatività, la Johnson fa riferimento agli studi come quelli di Kyaga che mostrano come i parenti non diagnosticati di persone con disturbo bipolare diano prova di una più alta creatività rispetto al pubblico generale.

Probabilmente i membri della famiglia posseggono gli stessi tratti genetici della creatività, ma non i sintomi debilitanti della malattia.

Missy D., una pittrice britannica che vive a Seattle, dice che i suoi estremi umorali le rendono difficile produrre la propria arte. Quando sperimenta “brevi episodi ipomaniacali” sviluppa insonnia, ha difficoltà a stare seduta, i suoi movimenti si fanno più veloci e anche il cuore batte più velocemente.

In questi periodi, effettua compiti più semplici in studio, come fare i calchi e fare delle commissioni. Aggiunge che l’ipomania produce “esplosioni di chiarezza mentale super marcata”

“Mi sono venute idee molto complicate e complesse per nuovi progetti in studio durante questi episodi, ma portarle a compimento normalmente non succede finché non mi sono calmata, semmai,” aggiunge. “La mia abilità come artista diventa più concettuale che fisica. Non sono sicura se il lavoro che produco è oggettivamente ‘migliore’.”

Quando Missy attraversa una fase depressiva, va in studio e plasma la creta “per superare la nebbia bianca”, dice. “Semplicemente gioco con la creta e discuto le idee in un modo organico.  Il lato consapevole e gioioso di ciò mi riporta gradualmente alla realtà.”

Ambiziosi e orientati alla soluzione

Sheri Johnson non è l’unico ricercatore che sta cercando di decifrare specifiche caratteristiche sia nelle persone creative che nelle persone diagnosticate con (o ad alto rischio di) bipolarismo. Altri ricercatori hanno esaminato tratti come l’apertura alle esperienze, l’abilità a identificare molte soluzioni a uno stesso problema (conosciuta come divergenza), o la volontà di perseguire obiettivi impegnativi.

Jason B. di Dallas ha rischiato molto quando ha versato le sue energie nello scrivere, produrre, dirigere e recitare nel suo primo film, Donovan.  Jason, che ha 44 anni, si è comprato qualche manuale di sceneggiatura e ha trascorso un anno a scrivere la bozza del film, che gli ha fruttato dei premi a due festival statunitensi nel 2017.

Jason afferma che i molteplici ruoli che ha svolto nella realizzazione del film attingono a diverse parti del suo cervello, commutando tra “il lato imprenditoriale delle cose” e le esigenze artistiche del dirigere e recitare.

“Stavo prendendo le mie medicine quindi non avevo estremi sbalzi d’umore. Ma sono stato in grado di cambiare marcia, passando da una logica estrema a una creatività estrema in un batter d’occhio.”

Aggiunge che la terapia “significa che ho maggior controllo su quello che sta succedendo”.

Donovan è la storia semi-autobiografica di un uomo che fatica ad accettare la sua diagnosi bipolare e dei traumi infantili. Il personaggio principale alla fine realizza che essere stabile e presente per il suo piccolo figlio ha la precedenza rispetto all’esagerata euforia della sua mania.

Jason è stato diagnosticato poco prima dei 30 anni, ma gli ci è voluto del tempo per far sua la sobrietà e impegnarsi a seguire la sua terapia medica. Da allora si è risposato e si è sistemato costruendosi una carriera di web designer freelance.

“Ho imparato molto su me stesso e su chi sono realizzando questo film. “Non sono io che ho scelto il film, è lui che ha scelto me, e ne sono orgoglioso”.

Dipanare il caos

Jason afferma che ha convogliato il “caos, il disordine e l’incertezza nella sua mente” verso l’espressione creativa dai tempi delle superiori, quando stava imparando a disegnare e a suonare la batteria.

“Riuscivo a essere onesto durante uno sfogo creativo in un modo che non potevo essere con le altre persone. Potevo disegnare qualsiasi cosa e nessuno faceva domande. Se riuscivo ad accettare un’emozione, pestavo la batteria più che potevo.”

L’arte è un modo per esplorare le proprie emozioni, incluse quelle oscure, senza essere distruttivo nella vita reale. “Puoi dipingere un bel quadro o ubriacarti fino all’oblio.”

Missy, la pittrice di Seattle, era stanca di nascondere la sua diagnosi bipolare al mondo. Allora ha deciso in modo azzardato di “venire allo scoperto”. Ha dipinto una tela al giorno per un anno mentre aveva smesso di prendere le sue medicine e poi ha esposto i risultati.

Secondo Missy “ogni dipinto era un tentativo di riflettere il suo stato emotivo e psicologico, mania, depressione o stabilità, in quel lasso di tempo di 24 ore.”

Cominciando da dicembre 2013, Missy si è svegliata ogni mattina per buttare giù qualche riga su come si sentisse. Poi ha cercato di convertire la forma scritta in forma visiva. 

I suoi cambiamenti d’umore, afferma, erano visibili nei suoi dipinti, specialmente quando era in ciclo rapido. Per Missy questo vuol dire passare dalla depressione alla mania in un giorno. “Posso sentirmi in ipomania al mattino e poi crollare la sera”.

Durante i 12 mesi del suo progetto artistico, Missy ha sperimentato sbalzi d’umore “estremi”. Non l’ha aiutata il fatto che viaggiasse tra gli studi di New York e Bruxelles, e più tardi tra Bruxelles e Seattle.

“È stato molto stressante e stancante”. Oltre a dipingere quotidianamente, Missy stava seguendo altri lavori, organizzava una mostra a Bruxelles (2013) e cercava fondi per sostenere il suo progetto.

Missy non ha trovato il progetto “particolarmente terapeutico”, infatti qualche volta ha esacerbato la sua depressione o mania.

“Il momento peggiore è arrivato quando ho finito il progetto e sono finita in ospedale esausta sia dal punto di vista emotivo che fisico.” Missy è poi ritornata a prendere la sua terapia.

“È stata una cosa sensata da fare” dice Missy dalla sua casa a Seattle.

Missy afferma che la terapia psichiatrica le permette di avere lunghi periodi di stabilità, ma sperimenta ancora qualche sintomo di depressione e ipomania.

Dal percorso di Missy sono nati due libri: L’Estetica del Disturbo Mentale: 2:365 (The Aesthetic of Mental Disorder: 2:365), Bipolare e Oltre (Bipolar and Beyond) che saranno disponibili da marzo.

Per sua piacevole sorpresa, Missy è diventata un mentore.

“Ho ricevuto mail e lettere da gente con il disturbo bipolare da tutto il mondo. Le persone mi hanno detto che li ho aiutati a imparare a essere più aperti riguardo quello che hanno, e che le arti creative possono aiutarli.”

Sono chiamate “arti curative” per una ragione

Per quelli di noi che hanno difficoltà a disegnare una linea dritta, è importante ricordare che non c’è bisogno di essere artisti per beneficiare dei poteri curativi del processo creativo.

“Fare arte è in sé e per sé” afferma Tally Tripp, direttrice del programma di art therapy alla George Washington University. I terapeuti, spesso formati sia in counseling in salute mentale che in arte, usano colori ad olio, pastelli, creta e altri mezzi per aiutare i clienti a “esplorare i propri sentimenti, risolvere conflitti emotivi, ridurre l’ansia, sviluppare abilità sociali, acquisire consapevolezza di sé stessi e aumentare l’autostima” secondo l’American Art Therapy Association, che si trova a Alexandria, in Virginia.

“L’atto di creare arte può scoprire molti sentimenti a cui una persona non può avere accesso in una normale conversazione.” Afferma Tripp, aggiungendo che il rilascio emotivo spesso rende più facile gestire lo stress.

In uno studio d’arte, dice la Tripp, succede qualcosa di magico: “Porti te stesso fuori da te stesso. Ti stai distraendo con qualcosa di piacevole. Stiamo per creare qualcosa.”

“Sin da subito stai facendo qualcosa per il tuo problema. Stai condividendo la tua arte. Ti senti più ascoltato”.

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